Dalle Nazioni Unite una risoluzione a favore della famiglia naturale: l’entusiasmo da parte dell‘associazionismo familiare
Una “vittoria enorme per la famiglia”. Così Family Watch International, organizzazione no-profit nata nel 1999, ha salutato la risoluzione per la protezione della famiglia, approvata con 26 sì, 14 no e 6 astensioni, lo scorso 25 giugno durante la 29esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite di Ginevra.
“È la prima volta nella storia delle Nazioni Unite – ricorda Family Watch International – che una risoluzione globale è stata approvata chiedendo la protezione della famiglia come unità fondamentale della società, riconoscendo il diritto di priorità dei genitori di educare i propri figli invitando tutte le nazioni a creare politiche sensibili per le famiglie e a riconoscere i loro obblighi vincolanti per proteggere la famiglia”. Non era un’impresa scontata: molti Stati hanno ricevuto e interpretato le istanze delle lobby gay affinché il testo venisse mitigato dei suoi riferimenti alla famiglia come unione tra un uomo e una donna. Tutti gli emendamenti volti a includere la citazione di tipi di unione tra persone dello stesso sesso sono stati però respinti, incluso quello del Regno Unito, che aveva il sostegno di Stati Uniti, Germania, Francia, Brasile, Cile, Irlanda e Austria. Anche l’Italia tra i Paesi che hanno votato contro la risoluzione. A votare sì alla risoluzione sono stati Venezuela e Bolivia, i Paesi africani e quelli del Medio Oriente, oltre a quelli asiatici (ad eccezione di Corea del Sud e Giappone), Russia e Kazakhstan. Tutti schierati contro, invece, i Paesi europei, con la sola Macedonia che si è astenuta. Secondo Sharon Slater, presidente di Family Watch International, promuovere l’agenda Lgbt all’estero è diventato per gli Usa “un obiettivo primario della politica estera del nostro Paese”. Il riferimento è al fatto che la delegazione americana ha minacciato di sospendere gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo se dovessero sostenere la famiglia naturale. In merito il segretario internazionale del World Congress of Families, Allan Carlson, ha spiegato che sotto l’amministrazione Obama “minacce, tangenti ed estorsioni” destinate a “terre vulnerabili in Africa, Asia, America Latina ed Est Europa” sono diventate strategie regolari al fine di esportare la rivoluzione sessuale.