Commento all’Instrumentum Laboris: i coniugi Humberto Díaz e Isabel Botía sul Capitolo IV della Parte III
Humberto Díaz e Isabel Botía, membri del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ci offrono la loro riflessione sul Capitolo IV della Parte III dell’Instrumentum Laboris, che affronta il tema della “Famiglia, generatività, educazione”.
Servire la vita, trasmetterla e custodirla, scrivono, sono atti che discendono in modo naturale dalla realtà profonda dell’amore coniugale. Essere famiglia significa essere aperti e pronti ad accogliere la vita, a difenderla e ad educare le generazioni future a credere in essa. “Gli sposi che si sono assunti la responsabilità della procreazione e che hanno goduto dell’esperienza di costruire una famiglia, sono chiamati a mostrare al mondo che vale la pena avere figli, che è bello donare figli ben formati alla società e alla Chiesa e che non vi è alcun motivo di avere paura.” Essere al servizio della vita per una famiglia, inoltre, non significa solo aprirsi al mistero della procreazione, ma può prendere anche la forma dell’accoglienza amorevole di bambini vittime di abbandono, di fame, bisognosi di amore e di cure, perché l’incontro con genitori adottivi possa essere per loro un ritorno alla vita. “L’adozione – dicono – diventa una sorta di sfida, una forma particolare di apostolato familiare e espressione della fecondità dell’esperienza coniugale, non solo quando questa è segnata da infertilità”. Dio ha sempre un progetto d’amore sulla realtà della famiglia. Il segreto è imparare a confidare in esso, perché da questo, sostengono, dipende il futuro della nostra società.