Venerdì, 26 - Dal Messaggio al Popolo di Dio della XIII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi
7. Evangelizzazione, famiglia e vita consacrata
Fin dalla prima evangelizzazione la trasmissione della fede nel susseguirsi delle generazioni ha trovato un luogo naturale nella famiglia. In essa – con un ruolo tutto speciale rivestito dalle donne, ma con questo non vogliamo sminuire la figura paterna e la sua responsabilità – i segni della fede, la comunicazione delle prime verità, l’educazione alla preghiera, la testimonianza dei frutti dell’amore sono stati immessi nell’esistenza dei fanciulli e dei ragazzi, nel contesto della cura che ogni famiglia riserva per la crescita dei suoi piccoli. Pur nella diversità delle situazioni geografiche, culturali e sociali, tutti i Vescovi al Sinodo hanno riconfermato questo ruolo essenziale della famiglia nella trasmissione della fede. Non si può pensare una nuova evangelizzazione senza sentire una precisa responsabilità verso l’annuncio del Vangelo alle famiglie e senza dare loro sostegno nel compito educativo.
Non ci nascondiamo il fatto che oggi la famiglia, che si costituisce nel matrimonio di un uomo e di una donna, che li rende «una sola carne» (Mt 19,6) aperta alla vita, è attraversata dappertutto da fattori di crisi, circondata da modelli di vita che la penalizzano, trascurata dalle politiche di quella società di cui è pure la cellula fondamentale, non sempre rispettata nei suoi ritmi e sostenuta nei suoi impegni dalle stesse comunità ecclesiali. Proprio questo però ci spinge a dire che dobbiamo avere una particolare cura per la famiglia e per la sua missione nella società e nella Chiesa, sviluppando percorsi di accompagnamento prima e dopo il matrimonio. Vogliamo anche esprimere la nostra gratitudine ai tanti sposi e alle tante famiglie cristiane che, con la loro testimonianza, mostrano al mondo una esperienza di comunione e di servizio che è seme di una società più fraterna e pacificata.
Il nostro pensiero è andato anche alle situazioni familiari e di convivenza in cui non si rispecchia quell’immagine di unità e di amore per tutta la vita che il Signore ci ha consegnato. Ci sono coppie che convivono senza il legame sacramentale del matrimonio; si moltiplicano situazioni familiari irregolari costruite dopo il fallimento di precedenti matrimoni: vicende dolorose in cui soffre anche l’educazione alla fede dei figli. A tutti costoro vogliamo dire che l’amore del Signore non abbandona nessuno, che anche la Chiesa li ama ed è casa accogliente per tutti, che essi rimangono membra della Chiesa anche se non possono ricevere l’assoluzione sacramentale e l’Eucaristia. Le comunità cattoliche siano accoglienti verso quanti vivono in tali situazioni e sostengano cammini di conversione e di riconciliazione.
La vita familiare è il primo luogo in cui il Vangelo si incontra con l’ordinarietà della vita e mostra la sua capacità di trasfigurare le condizioni fondamentali dell’esistenza nell’orizzonte dell’amore. Ma non meno importante per la testimonianza della Chiesa è mostrare come questa vita nel tempo ha un compimento che va oltre la storia degli uomini e approda alla comunione eterna con Dio. Alla donna samaritana Gesù non si presenta semplicemente come colui che dà la vita, ma come colui che dona la «vita eterna» (Gv 4,14). Il dono di Dio, che la fede rende presente, non è semplicemente la promessa di condizioni migliori in questo mondo, ma l’annuncio che il senso ultimo della nostra vita è oltre questo mondo, in quella comunione piena con Dio che attendiamo alla fine dei tempi.