I numeri inquietanti delle maternità "per sostituzione", quando il figlio è un bene da possedere e da "affittare". Inchiesta del quotidiano "Avvenire"
Maternità surrogata. È la definizione di una nuova forma di commercializzazione e riduzione a bene materiale della procreazione e del rapporto d’amore che lega i genitori ai figli, attraverso la gestazione per conto terzi dietro compenso economico, ovvero, come una espressione popolare recita, attraverso il cosiddetto “utero in affitto”. La donna che tiene in grembo per nove mesi il figlio fecondato in vitro e lo mette al mondo diventa una sorta di “incubatrice”, che deve “produrre” un bene di proprietà altrui. La gravidanza è separata dalla maternità, viene negata e violata, sul piano naturale e morale, la relazione tra la madre e il figlio fin dal primo momento di formazione della vita umana. È l’esito esasperato di una cultura individualista e materialista, fondata sul potere e sul possesso, improntata a logiche di controllo e di dominio. I numeri di crescita di questo fenomeno, che arrivano da fonti indirette, delle cliniche specializzate o delle agenzie professionali, sono inquietanti. Da uno studio della Aberdeen University, che ha coinvolto cinque agenzie specializzate in maternità in affitto a livello internazionale, con sede negli Stati Uniti, India e Gran Bretagna, in cinque anni, dal 2006 al 2010, il fatturato è aumentato del 1000 %. Il maggior aumento si registra nei Paesi a basso reddito, in quanto i costi sono inferiori alla fecondazione assistita e all’adozione, e donne povere sono più disponibili a fare da “locatrici” per i figli dei ricchi.
Sul piano legale, gli operatori commerciali del “servizio” rassicurano: la madre gestante e partoriente (tecnicamente chiamata “portante”) non ha alcun diritto, sul certificato di nascita risulterà genitrice colei che ha trasmesso il “patrimonio genetico”. Benché i singles e le coppie omosessuali abbiano, però, bisogno di un ulteriore “donatore”. E – si avverte – in certi casi (come in Italia, dove la legge n. 40/2004 vieta la surrogazione di maternità) potrebbero “sorgere problemi” al rientro nel Paese di residenza. Ecco, allora, che si apre lo scenario drammatico di neonati che, a causa dell’ambiguità normativa, restano con genitori incerti o multipli (apolidi o perfino orfani con una genitorialità combinata fino a sei persone, tra committenti, surrogati e genetici).
La maternità surrogata, per il suo carattere mercantile e i problemi e le ambiguità nella definizione della genitorialità e nell’affidamento dei figli, costituisce una violazione dei diritti umani, codificati nella Carta del 1948 e successivamente. A cominciare dal diritto alla verità sulle proprie origini, tutelato nella Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989. Viene meno il principio, fondato sul diritto di natura e riconosciuto in ogni cultura e in ogni tempo, che “mater sempre certa est”. Per non considerare le eventuali implicazioni ancora più allarmanti, dei rischi di un vero e proprio traffico di esseri umani. Il Parlamento Europeo, nella Risoluzione del 5 aprile del 2011 sulle priorità e sulla definizione di un nuovo quadro politico dell’Unione Europea in materia di lotta alla violenza contro le donne, si è pronunciato contro la maternità in affitto e:
20. chiede agli Stati membri di riconoscere il grave problema della surrogazione di maternità, che costituisce uno sfruttamento del corpo e degli organi riproduttivi femminili;
21. rileva che le donne e i bambini sono soggetti alle medesime forme di sfruttamento e possono essere considerati merci sul mercato internazionale della riproduzione, e che i nuovi regimi riproduttivi, come la surrogazione di maternità, incrementano la tratta di donne e bambini nonché le adozioni illegali transnazionali.
Dal prospetto a cura del Permanent Bureau della Hague Conference on Private International Law nel 2012, risulta: Stati che proibiscono l’utero in affitto Francia, Germania, Italia, Messico (Queretaro), Svezia, Svizzera, alcuni stati degli Usa, Cina (continentale, esclusa Hong Kong). In Austria e Norvegia è proibita la cessione di ovociti, e il divieto di maternità surrogata è una conseguenza, quando l’ovocita non appartiene alla donna che mette a disposizione il proprio utero. In questi Paesi non valgono gli accordi di maternità surrogata stipulati altrove e, solitamente, la madre legale del bambino, è la donna che lo ha partorito.
Stati in cui la maternità surrogata è non regolata Sono quelli in cui la legge non prevede un divieto esplicito, e quindi la madre surrogata non può essere obbligata a rispettare il contratto, cioè, a cedere il neonato. Spesso sono proibiti, e puniti penalmente, gli accordi che prevedono espressamente pagamenti, mentre sono incoraggiate le “maternità per sostituzione” cosiddette "altruistiche", cioè, in cui sono pattuiti compensi "ragionevoli" per le spese sostenute dalle donne gestanti. Si tratta di Argentina, Australia del Nord, Belgio, Brasile, Canada, Repubblica Ceca, Irlanda, Messico, Olanda, Venezuela, alcuni Stati Usa, Giappone (la Società Giapponese di Ostetricia e Ginecologia ha adottato linee guida nel 2003 che vieta ai medici di essere coinvolti nelle maternità surrogate, ma non c’è una norma che la proibisca).
Stati in cui è legalmente regolamentata Si dividono in due gruppi: un primo, in cui si segue un processo di approvazione del contratto di surroga prima che la donna resti incinta. Solitamente è vietato un pagamento esplicito, ma sono consentite elargizioni di somme per spese “ragionevoli” sostenute durante la gravidanza. La madre surrogata è obbligata a rispettare il contratto ed è punita la violazione. I Paesi: Australia (Victoria, Western Australia e, per prassi piuttosto che per legge, Australia Capital Territory), Grecia, Israele (è previsto un compenso mensile per “dolore e sofferenza” oltre al rimborso spese, ma in certi casi il ripensamento è consentito), Sud Africa (se la madre surrogata è anche quella genetica ha due mesi di tempo per ripensarci), e, parzialmente, la Nuova Zelanda. Nel secondo gruppo, le condizioni dell’accordo sono verificate successivamente e dopo la nascita del bambino si trasferisce la responsabilità legale dei genitori dalla madre surrogata (e il partner) ai committenti. La legge non obbliga all’adempimento del contratto e la donna in affitto non può essere obbligata a rinunciare al bambino. Avviene: Australia (Queensland, New South Wales, South Australia), Canada (Alberta, British Columbia), Cina (Hong Kong SAR), Gran Bretagna.
Stati con un approccio permissivo e che consentono pagamento esplicito I contratti di gestazione per conto terzi sono consentiti anche a coppie non residenti, sulla base di requisiti specifici. Di solito, sono previste procedure per definire genitori legali uno o entrambi i committenti. La madre surrogata può avere o no l’obbligo di cedere il bambino, a seconda del Paese. La maternità surrogata è così legalizzata: Georgia, India, Russia, Tailandia, Uganda, Ucraina, e 18 Stati negli Usa. Negli Stati Uniti, la procedura è regolata nei dettagli.
Una interessante inchiesta sul fenomeno e il problema nelle sue plurime dimensioni (etica-antopologica-filosofica, culturale, sociale, giuridica, medico-sanitaria, storica) in puntate di approfondimento è condotta dal quotidiano cattolico “Avvenire” in una rubrica dedicata.