Papa Francesco al Corpo diplomatico, lunedi 13 gennaio 2014
Nel discorso di inizio anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, lunedi 13 gennaio 2014, Papa Francesco ha avuto un incisivo passaggio sul tema della famiglia, con i suoi problemi e le sue necessità, invitando tutti gli Stati a promuovere politiche appropriate. La fraternità e la pace si imparano in famiglia.
«Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, dedicato alla fraternità come fondamento e via per la pace, ho notato che «la fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia» (Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 2013, 1), la quale «per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore» (ibid.) e contribuire a far maturare quello spirito di servizio e di condivisione che edifica la pace (cfr ibid., 10). Ce lo racconta il presepe, dove vediamo la Santa Famiglia non sola e isolata dal mondo, ma attorniata dai pastori e dai magi, cioè una comunità aperta, nella quale c’è spazio per tutti, poveri e ricchi, vicini e lontani. E si comprendono così le parole del mio amato predecessore Benedetto XVI, il quale sottolineava come «il lessico familiare è un lessico di pace» (Benedetto XVI, Messaggio per la XLI Giornata Mondiale della Pace [8 dicembre 2007], 3: AAS 100 [2008], 39). Purtroppo, spesso ciò non accade, perché aumenta il numero delle famiglie divise e lacerate, non solo per la fragile coscienza del senso di appartenenza che contraddistingue il mondo attuale, ma anche per le condizioni difficili in cui molte di esse sono costrette a vivere, fino al punto di mancare degli stessi mezzi di sussistenza. Si rendono perciò necessarie politiche appropriate che sostengano, favoriscano e consolidino la famiglia! Capita, inoltre, che gli anziani siano considerati un peso, mentre i giovani non vedono davanti a sé prospettive certe per la loro vita. Anziani e giovani, al contrario, sono la speranza dell’umanità. I primi apportano la saggezza dell’esperienza; i secondi ci aprono al futuro, impedendo di chiuderci in noi stessi (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 108). È saggio non emarginare gli anziani dalla vita sociale per mantenere viva la memoria di un popolo. Parimenti, è bene investire sui giovani, con iniziative adeguate che li aiutino a trovare lavoro e a fondare un focolare domestico. Non bisogna spegnere il loro entusiasmo! Conservo viva nella mia mente l’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro. Quanti ragazzi contenti ho potuto incontrare! Quanta speranza e attesa nei loro occhi e nelle loro preghiere! Quanta sete di vita e desiderio di aprirsi agli altri! La chiusura e l’isolamento creano sempre un’atmosfera asfittica e pesante, che prima o poi finisce per intristire e soffocare. Serve, invece, un impegno comune di tutti per favorire una cultura dell’incontro, perché solo chi è in grado di andare verso gli altri è capace di portare frutto, di creare vincoli, di creare comunione, di irradiare gioia, di edificare la pace».