Intervista a Rosette Hechaimé di Caritas Medioriente
Rosette Hechaimé è la responsabile dei progetti di sostegno di Caritas Medio Oriente, che ha sede in Libano. Una realtà in prima linea nel sostegno delle popolazioni segnate dalla guerra e che è stata direttamente coinvolta dal conflitto, come dimostrano le fotografie del bombardamento della sede Caritas di Aleppo. A lei abbiamo chiesto di aggiornarci sulla situazione delle famiglie in Siria.
1. Come si sta evolvendo la situazione delle famiglie in Siria in queste ultime settimane? La situazione delle famiglie in Siria non è molto cambiata. L’ incertezza è sempre presente e i pericoli, diversi da una regione all’altra, sono sempre in agguato. È però straordinaria la forza di resistenza, di speranza e di coraggio che le famiglie dimostrano, continuando ad andare al lavoro fin quando il pericolo non è vicinissimo, o mandando i figli a scuola o all’ università, finché non esplode una bomba nel cortile, o i villaggi o città non sono prese in ostaggio in un conflitto diretto. La speranza di uscire del tunnel rimane forte e dà l’energia necessaria per andare avanti con una certa normalità fin quando è possibile.
2. Qual è l’aria che si respira nei campi profughi? Nei campi profughi, le condizioni di alloggio, di sopravvivenza, in particolare in questo tempo d’ inverno col clima invernale che porta con sé freddo, pioggia, inondazioni nelle tende o nelle baracche, suscitano molta tensione, umiliazioni, angosce, malattie e senso di abbandono. Nonostante tutto la solidarietà è una qualità, una virtù che viene spontaneamente rafforzata. Chi vive nel dolore ha tanto da insegnare …
3. In mezzo a tanto dolore, ci sono dei segni di speranza che vale la pena ricordare e fare conoscere?
Di fronte alle situazioni radicalizzate e ai diversi volti che sta assumendo il conflitto, i veri segni di speranza nascono quando persone come il Santo Padre, attraverso un appello alla preghiera, alle coscienze e alla solidarietà, riescono per così dire a “cambiare il corso della storia”. Si rimane però ancora nell’attesa di prese di posizioni decise, forti, ragionevoli, oneste, senza interessi propri, ma che mirano unicamente a ridare a un popolo straziato la sua dignità.
4. Ci vuole raccontare un breve episodio che i genitori che ci leggono possono raccontare ai loro figli per spiegare cosa sta accadendo in questo momento in Siria?
Mi sembra che un episodio non riesca a dire la realtà di un Paese messo in ginocchio dalla violenza ma c’è un sentimento che, penso, accomuna tutti: la paura per un futuro disastroso, che chiuda la porta alla speranza, qualora le parti implicate non vogliano mettere fine al più presto ai combattimenti e non decidano di dialogare in modo serio e onesto, per il bene del popolo e non di gruppi particolari.
Tantissimi ormai sono stanchi della violenza atroce che viene da più parti, fomentata da interessi giganteschi, e vorrebbero poter mettere la parola “fine” a questa assurda guerra e ricominciare a ricostruire il loro Paese per uscire dall’incubo in cui si vive, ma serpeggia tra la popolazione un evidente sentimento di impotenza. Il jolly vincente non è nelle loro mani e non resta loro che sperare che il mondo faccia una mossa decisiva per fermare quest’inutile strage. I padri di famiglia sono stanchi di correre dietro a un lavoro da trovare, un boccone da assicurare a sé e ai membri della loro famiglia, angosciati da una crisi economica tremenda, con il caro-vita sempre in aumento. Anche per questo cresce il numero delle famiglie in cerca di una qualsiasi via per emigrare, per assicurare ai figli un futuro sereno e vivibile. Non molti riescono a credere al miracolo, che venga da Ginevra 2 o da un’altra parte, giacché da decenni i potenti della terra continuano a guardare con avidità a questa regione del mondo. In questi giorni però sono molti quelli che pregano. Non si arrendono. Lo supplicano. Sanno che fidarsi di Dio è la carta vincente.