Martedi 10 settembre 2013, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, l’Arcivescovo Mons. Silvano M. Tomasi, ha pronunciato un intervento su bambini e conflitti armati alla XXIV Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra, che riportiamo qui di seguito.
Signor Presidente,
il flagello del reclutamento di soldati bambini continua oggi in molti paesi, con una stima di 250.000 bambini combattenti in tutto il mondo, di cui una consistente percentuale è costituita da femmine. Per la maggior parte sono reclutati con la forza e alcuni vengono adescati con false promesse di fuga dalla povertà estrema e sicurezza di un pasto quotidiano. Si ritrovano sfruttati sessualmente, costretti a uccidere, privati dei diritti umani fondamentali, e derubati di un futuro normale.
I bambini soldato rimangono una sfida per la comunità internazionale, che lotta ancora per proteggere questi piccoli dall'impatto della violenza. Come indica l'Inviato Speciale, è urgente fermare il reclutamento sia da parte dei gruppi governativi che non governativi, in modo che questi bambini riescano a superare le difficoltà del loro ambiente e abbiano accesso all'istruzione e a una normale vita familiare.
La Santa Sede è molto ben consapevole di questi fatti e sottolinea l'importanza e l'essenziale valore sociale di una infanzia sana poiché, in effetti, "nessun paese del mondo, nessun sistema politico può pensare al proprio avvenire se non tramite l'immagine di queste nuove generazioni" (Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 2 Ottobre 1979).
Chi recluta questi bambini impedisce il loro sviluppo e li deruba del diritto a imparare la pace come modo di convivialità produttiva nella società e del diritto a godere la famiglia come scuola naturale di pace e di crescita sana.
La legislazione internazionale fornisce una protezione speciale ai bambini, ma il gap tra la legge e la sua attuazione rimane molto ampio. Così vediamo che questi bambini subiscono maltrattamenti e mutilazioni; anche quando sono tanto fortunati da sopravvivere, nel loro cuore è inculcata la psicologia dell'odio. Il rispetto della Convenzione sui diritti del bambino e il suo Protocollo facoltativo sul coinvolgimento dei bambini nel conflitto armato (2000) può contribuire di gran lunga a rimediare questi mali, e la ratifica di questo Protocollo facoltativo deve diventare una priorità per quegli Stati che non hanno ancora intrapreso tale azione.
Le organizzazioni civili e religiose che lavorano per l'attuazione piena di questi strumenti meritano considerazione e supporto. In verità mostrano, attraverso la loro azione, il riconoscimento della uguale dignità dei bambini come persone umane create a immagine di Dio.
Su tale fondamento, è possibile escogitare modi nuovi e creativi di impedire il reclutamento forzato o volontario di bambini negli eserciti e di sviluppare nuovi programmi per la loro smobilitazione e riabilitazione. Elemento decisivo di tale programmazione sarebbe la fondazione di centri di passaggio dove i bambini possano essere preparati alla reintegrazione nella vita familiare e nella quotidianità sociale. Dal canto suo, la Chiesa cattolica, come fanno altre organizzazioni religiose e di volontariato, è impegnata nel fornire sostegno specialistico ai sopravvissuti di tali violenze, ivi inclusi riparo, cibo, vestiario, istruzione, insieme a supporto psicologico e altri servizi di trattamento dei traumi, accompagnamento spirituale, e riconciliazione con le famiglie.
Il legame fra l'estrema povertà e la deprivazione sociale facilita i conflitti e la coscrizione coatta dei bambini nei gruppi armati. Perciò edificare un ambiente protettivo per i bambini richiede sviluppo economico e sociale e, soprattutto, accesso alla istruzione e alla formazione di una opinione pubblica che valorizzi i bambini e si impegni per il loro futuro. Tra i passi pratici per arrivare a tali obiettivi occorre: monitorare il fenomeno quantitativo del reclutamento infantile, vagliare il grado di rispetto della legislazione internazionale e umanitaria, elevare a diciotto anni l'età minima del reclutamento da parte degli Stati, fornire ai bambini la conoscenza, le abilità e le capacità tecniche per un eventuale impiego, e rafforzare i legami della vita familiare.
Signor Presidente, la società non deve permettere che i talenti e le energie dei fanciulli e dei giovani vadano disperse nel perseguimento di obiettivi di distruzione, ma piuttosto deve contribuire affinché esse si concentrino sul bene comune e sulla costruzione di una cultura di pace, dialogo e solidarietà. Indispensabile, per arrivare all'eliminazione della piaga sociale dei bambini soldati, è il lavoro e il conseguimento della pace. In tale ricerca, "le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire una umanità pacifica, perché esse parlano di pace al cuore dell'uomo" (Papa Benedetto XVI, Visita pastorale a Napoli, e Discorso ai Capi delle Delegazioni partecipanti all'Incontro internazionale per la Pace, 21 ottobre 2007).