Il Sinodo sulla Famiglia è “un’occasione per assumerci le nostre responsabilità, tenendo conto della nostra cultura peculiare”. Sono, queste, parole pronunciate da monsignor Louis Portella Mbuyu, vescovo di Kinkala (Repubblica del Congo) e vicepresidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (SECAM).
Qual è l’importanza di questo sinodo per la Chiesa in Africa?
“Per l’Africa questo Sinodo è di grande importanza in una prospettiva ecclesiale, pastorale e culturale. Teoria di genere, omosessualità e matrimonio per tutti sono ideologie che destabilizzano la famiglia e minano profondamente l’equilibrio morale e culturale del mondo. Quando il Papa ha convocato il Sinodo, i vescovi del continente hanno pensato che fosse un’occasione di grazia per l’Africa”.
Quale, invece, l’obiettivo del workshop preparatorio di Cotonou?
“I vescovi in Africa potrebbero semplicemente prepararsi individualmente, come avviene di solito in ogni diocesi delle Conferenze episcopali di ogni paese o in occasione di conferenze episcopali regionali. Ma oggi i vescovi dell’Africa sentono il bisogno di pensare e agire insieme. Invece di procedere in maniera disordinata, abbiamo deciso di coordinarci nella preparazione di questo importante Sinodo. Il workshop di Cotonou è stata una consultazione teologica e pastorale in preparazione al Sinodo”.
In che modo questo contributo potrebbe essere utile alla Chiesa universale?
“L’Africa ha molto da offrire al mondo. La cultura africana è in molte aree in consonanza con la rivelazione, con il Vangelo. Ad esempio, in Africa i comportamenti marginali esistono come in tutte le parti del mondo, ma nella nostra cultura possiamo gestire questi comportamenti marginali in modo realistico e rispettoso. In Europa la marginalità è stata a lungo gestita in modo repressivo, e oggi l’Occidente vuole assumere comportamenti marginali come riferimenti. L’Africa ha bisogno di mantenere il suo senso della famiglia, per il bene delle famiglie africane, ma anche per la Chiesa universale”.