In un’intervista rilasciata a “Il Foglio” del 15 marzo 2014, due settimane dopo il concistoro sulla famiglia, il cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, affronta i temi all’ordine del giorno del Sinodo straordinario del prossimo ottobre e di quello ordinario del 2015: matrimonio, famiglia, dottrina dell’Humanae Vitae, penitenza. L’arcivescovo di Bologna, inoltre, risponde ad alcune domande relative alla relazione sui problemi della famiglia che il presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, cardinal Walter Kasper, ha letto al concistoro dello scorso febbraio.
Dice l’arcivescovo a proposito dell’eucaristia ai divorziati risposati: “Chi fa questa ipotesi, almeno finora non ha risposto a una domanda molto semplice: che ne è del primo matrimonio rato e consumato? Se la Chiesa ammette all’eucarestia, deve dare comunque un giudizio di legittimità alla seconda unione. È logico. Ma allora – come chiedevo – che ne è del primo matrimonio? Il secondo, si dice, non può essere un vero secondo matrimonio, visto che la bigamia è contro la parola del Signore. E il primo? È sciolto? Ma i papi hanno sempre insegnato che la potestà del Papa non arriva a questo: sul matrimonio rato e consumato il Papa non ha nessun potere. […] La domanda di fondo è dunque semplice: che ne è del primo matrimonio? Ma nessuno risponde. Giovanni Paolo II diceva nel 2000 in un’allocuzione alla Rota che ‘emerge con chiarezza che la non estensione della potestà del Romano Pontefice ai matrimoni rati e consumati, è insegnata dal Magistero della chiesa come dottrina da tenersi definitivamente anche se essa non è stata dichiarata in forma solenne mediante atto definitorio’. La formula è tecnica, ‘dottrina da tenersi definitivamente’ vuol dire che su questo non è più ammessa la discussione fra i teologi e il dubbio tra i fedeli”.
A proposito delle attese relative al Sinodo sul tema, il cardinale spiega che “il 75 per cento della maggior parte dei paesi africani è contrario all’ammissione dei divorziati risposati all’eucaristia. Ripeto ancora: di quali attese stiamo parlando? Di quelle dell’occidente? È dunque l’occidente il paradigma fondamentale in base al quale la Chiesa deve annunciare? Siamo ancora a questo punto? Andiamo ad ascoltare un po’ anche i poveri. Sono molto perplesso e pensoso quando si dice che o si va in una certa direzione altrimenti sarebbe stato meglio non fare il Sinodo. Quale direzione? La direzione che, si dice, hanno indicato le comunità mitteleuropee? E perché non la direzione indicata dalle comunità africane?”.